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256 | LE ODI DI PINDARO |
ben chiare, con poche parole dirò: testimonio giurato
a me cento volte in entrambe le gare sarà dell’araldo
onesto la voce che suona soave.
Antistrofe
Le vittorie d’Olimpia già prima
cantai, non m’inganno. Dirò le venture
assai di buon grado: ora ho speme,
ma l’esito è in Dio. Pur mi sembra,
se il Dèmone patrio li assista, che a Eníalo e a Giove
vorran confidare tale esito. Ma quante sottesso il Parnaso
e in Argo ed in Tebe compieano bell’opere, dirà, ché le seppe,
l’altare che domina i gioghi Licèi;
Epodo
Pellène, Sicione e Megara,
e il bosco ch’è siepe agli Eàcidi
secura; il diran Maratona la pingue, e le belle
le ricche città sotto l’Etna
sublime, e l’Eubèa. Se poi tutta l’Ellade
tu cerchi, a scoprir tutto quanto non basta lo sguardo.
Su’, piedi leggeri, alla riva!
O Giove, e modestia tu accordaci, tu lieta ventura.