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252 | LE ODI DI PINDARO |
Epodo
l’ingegno degli avoli. — Ogni opera
a chi la rinvenne appartiene.
Di dove le grazie comparvero del ditirambo
mugliante, ch’è sacro a Dïòniso?
Agl’ippici freni chi diede la norma?
Sovr’esso il fastigio dei templi chi l’aquila indusse?
La Musa fiorisce pur essa
per voi: tra le pugne ferali fiorisce anche Marte.
II
Strofe
Tu, Signore, che Olimpia proteggi,
favor sempiterno concedi ai miei detti.
Fa’ tu che sia salva Corinto,
che un Dio Senofonte beato
conduca con prospero vento: gradisci da lui
i serti, l’encomio ed il rito ch’ei reca dai campi di Pisa,
vincendo nel pèntatlo, e insieme nel correr lo stadio. Nessuno
avea dei terrigeni mai tanto ottenuto.
Antistrofe
E due serti lo cinsero d’apio,
quand’egli comparve nei giuochi dell’Istmo:
Nemea non contrasta: sui gorghi
d’Alfeo, vedi estrutta la gloria
di Tessalo, il padre, che vinse nel corso; ed a Pito