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Questo epinicio fu composto nel 466 a. C. — Senofonte aveva riportato due vittorie nella medesima gara, e Pindaro dice che simile onore non era toccato mai a nessuno. Quaranta anni prima il padre di Senofonte aveva pure vinto in Olimpia: donde il principio dell’ode.
Il poeta incomincia con le lodi di Corinto, dove regnano Ordine, Giustizia, Pace, e non attecchiscono né Tracotanza né Odio (1-10).
E seguita con le lodi dei Corinti, dei discendenti di Alete, che condusse primamente gli Eraclidi in quella città. Essi conseguirono questa gloria negli agoni: sono chiari per molte invenzioni, il ditirambo, il morso dei cavalli, il frontone (che in greco si diceva aquila) dei tempî: non son privi di successi poetici né guerreschi (11-24).
Preghiera a Giove che protegga i Corinzi e Senofonte: enumerazione delle vittorie sue, del padre Tessalo e d’altri suoi parenti (25-49).
Oltre ad essi, Pindaro canterà altri eroi corinzi: Sisifo, Medea, e i due che presero parte alla guerra di Troia: Glauco a favor dei Troiani, Euchenore degli Achei; e da Glauco passa a ricordare l’avolo suo (Pindaro dice padre) Perseo, che domò Bellerofonte: e qui è pittorescamente narrato il mito (50-97).
Ma Pindaro con questa narrazione, ha lanciate le frecce