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234 | LE ODI DI PINDARO |
gloria per Arcesilào, progenie
loro, che Febo dall’arco d’oro deve esaltare
Antistrofe
con la canzone dei giovinetti:
ch’ebbe, in compenso dei suoi dispendî,
l’inno di Pito.
I saggi onorano quest’uomo; ed io
quello che dicono
dirò: che nutre
parola e senno maggior degli anni:
per l’ardimento
è come l’aquila fra gli altri augelli:
è negli agoni solida torre:
sin dalla nascita penne gli crebbero
per l’arti musiche: saggio di cocchi maestro or pare.
Epodo
E quante indigene strade si schiudono d’eccelse prove,
tutte affrontava. Benigno il Dèmone
sinora fausto
gli diede l’esito. Deh, fate, o Superi,
che nei consigli, nell’opre, simile
sia l’avvenire. Né mai la vita,
gli strugga soffio vernal che i frutti
macera. Giove dà norma al Dèmone
dei suoi diletti;
ond’io lo prego che pur l’olimpico
fregio alla stirpe doni di Batto.