Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
PREFAZIONE | XXVII |
le strofe e gli epodi di tutti i sistemi. Il che equivale a dire che Pindaro componeva la musica di un solo sistema, e a quella musica subordinava poi le parole di tutti gli altri. Cosí per gli altri sistemi il problema era essenzialmente diverso che per il primo. Né si deve né si può definire se nel primo sistema le parole precedessero le note, o queste precedessero quelle, o fossero simultanee. Messo a questo travaglio, l’artista cade nello stato, ben descritto da Platone, dell’incoscienza. Qui baleneranno prima le note, alle quali si adatteranno in séguito le parole. Altrove prima le parole. Poi parole e note insieme. Ora a sprazzi e come lampeggianti; e poi a gran distese, con tanto impeto, che i mezzi meccanici riusciranno tardi alla notazione.
Ad ogni modo, nel primo sistema si aveva una ardente simultanea creazione poetico-musicale. Ma per gli altri, la melodia era già fissata. Certo, le parole, subordinandosi alle note, ne uscivano plasmate e colorate. Ma dal lato musicale qui era inerzia. Inerzia che, del resto, cooperava anch’essa ai fini dell’arte, imprimendo carattere di unità alla composizione, che altrimenti sarebbe corsa dal principio alla fine senza punti fissi in cui lo spirito potesse riposare, riepilogare in certo modo il passato, e prepararsi al futuro.
E ancora un altro passo bisogna muovere, e vedere che cosa rappresentano i residui versi pindarici di fronte al maggior complesso a cui appartenevano.
Considerando la compagine d’una strofa, non piú nel suo divenire, ma già divenuta, abbiamo per risultato uno schema ritmico, al quale sono subordinate parole e note. Tale schema comportava fra ciascuno dei suoi punti salienti (ictus) e il successivo, durate di 1, 2, 3, 4 o piú momenti, o anche frazioni di momenti. Ora le note — il mélos — che risultano da una serie di vibrazioni aeree divisibili sino ad atomi sonori imponderabili, sono sostanza omogenea ed amorfa, infinitamente pla-