Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
ODE PITIA IV | 213 |
«Guàrdati, guàrdati bene dall’uomo d’un solo calzare,
«sia cittadino o straniero, che giunga da balze rupestri
«ai campi solivi dell’inclita Jolco».
Antistrofe
Anni trascorsero; e un uomo mirabile giunse.
Due giavellotti nel pugno: cingeva i suoi fianchi una veste
quale i Magnesî costumano, stretta alle fulgide membra;
ed una pelle di pardo il brivido schermía delle piogge:
né delle fulgide chiome caduti, mietuti dal ferro
erano i ricci; ma tutto di raggi gli empievano il dorso.
Giunse repente nell’àgora gremita di popolo, e stette
nel mezzo, campione d’intrepido cuore.
Epodo
Niun conoscealo: pur tutti stupivano; e alcuno diceva:
«Certo costui non Apollo: lo sposo dal cocchio di bronzo
«non è d’Afrodite: si narra che in Nasso fulgente ebbe morte
«d’Ifimedèa la prole, tu, Oto, tu audace Efïàlte:
«e dalla faretra invincibile vibrato, lo strale d’Artèmide,
«percosse fulmineo Tizio,
«esempio ai mortali che solo di leciti amori s’infiammino ».
V
Strofe
Cosí chiedevano garruli, cosí rispondevano.
E, tratto a furia dai muli, sul lucido carro, sollecito
Pelia ivi giunse. E, mirando d’intorno al pie’ destro il calzare