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XXVI PREFAZIONE

ciascuno genera il seguente ed i seguenti, influendo su quelli e rimanendone influenzato, ed anche riverberando il suo potere sui punti trascorsi. Il poeta che si accinge a comporre, pieno l’animo d’una musica prorompente, è come un aligero che prenda l’abbrivo per l’ètere infinito, dove i colpi d’ala saranno regolari, ma le sinuosità del volo infinite e capricciose.

Questo atteggiamento, proprio di tutti i veri poeti, anche quando non ne abbiano coscienza, o magari credano di essere antimusicali, si trova, in grado assoluto, e interamente cosciente, in tutti i poeti lirici greci, i quali componevano insieme parole e musica.

Vediamo un po’ da vicino in che consisteva questa gèmina creazione.

Pindaro componeva insieme parole e note. Ma non queste si sovrapponevano, come ora avviene, a quelle, già composte sopra un altro schema ritmico. Bensí la musica lanciava le sue volute, e nel suo impeto trascinava le parole, alcune attinte al patrimonio comune, altre foggiate liberamente, colorendole sempre d’una sua nuova luce, e disponendole in grandi linee e minori compagini, sempre nuove ed impreviste. Qualche atteggiamento tradizionale, qualche modo inalterabile, travolti in quella foga, assumevano anch’essi parvenza nuova e mirabile.

Afferrato questo principio, si vede chiaro che i varî atteggiamenti, avendo ciascuno una propria fisonomia, sono ribelli a qualsiasi classificazione.

Ma bisogna ancora approfondire un po’, per intendere a pieno il rapporto fra note e parole. Sappiamo che ogni ode era formata di tanti sistemi, composti ciascuno di strofe, antistrofe ed epodo. In ogni sistema, strofe ed antistrofe erano uguali. E rispettivamente uguali, e nel metro e nella melodia,