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Fu dunque scritta con ritardo, per celebrare la vittoria riportata da Agesidamo, figlio d’Archèstrato, il 476, nella gara pugile fra giovinetti. Ecco il piano:
«Ho tardato a sciogliere la mia promessa; ma pagherò adesso con tal frutto, che Agesidamo abbia a lodarsi di me (v. 1-14). Nella gara in cui pur vinse, Agesidamo da principio ebbe la peggio, e si fece indietro, come, del resto, avvenne una volta anche ad Eracle, quando ebbe ad azzuffarsi con Cigno. Ma poi, il suo maestro Ila lo esortò e spronò, sì che egli tornò al cimento, e vinse. Ad Ila dev’essere perciò riconoscente, come Patroclo ad Achille, che gli die’ le proprie armi, e lo incorò alla pugna. Del resto, Ila ebbe buon giuoco, perché Agesidamo era di buona razza» (v. 15-24).
Mito: la fondazione dei giuochi olimpici. Eracle aveva compiuta, per Augea, re degli Epei, la notissima fatica di nettargli le stalle. Quando andò a chiedere la mercede, Augea oppose un rifiuto. Eracle gli mosse contro con un esercito; ma Cteato ed Eurito, i figli di Molione, tesagli una imboscata nell’Elide, lo sconfissero. Ben presto Eracle tornò alla riscossa; e, uccisili sotto Cleona, prese e distrusse la città d’Augea: il quale non sopravvisse alla rovina della patria, ma uscí di senno e morí. Eracle spinse allora l’esercito nell’Elide, e qui, in Pisa, fondò i giuochi olimpici (v. 25-59).
Al primo agone olimpico assistevano le Parche e il
Pindaro - Le Odi, I - 12 |