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PREFAZIONE | XXI |
con aurei pomi fittissimi,
ed ombre d’incensi.
E la nascita di Iamo:
Evadne, deposta la zona
di porpora e d’oro, e la calpide argentea, sotto una macchia
cerulea, die’ a luce un fanciullo di mente divina.
E lo abbandonò. Ma
due draghi di glauca pupilla gli stettero a guardia, gli diedero
ristoro col succo de l’api purissimo.
E qui rimase il bambino:
ascoso giaceva fra giunchi, fra impervî cespugli,
infuso le tenere membra dai raggi che porpora e gialli
piovean le viole.
Qui Pindaro è proprio pittore. Vedendo balenare quelle scene, egli s’è compiaciuto degli effetti di colore e di luce, delle armonie e dei contrasti: di quelle grandi macchie di porpora costellate da un miriade sfolgorio di punti d’oro; del velo tenuissimo, ombra d’ombra, che piove dagli incensi vaporanti; della luminosità azzurrina della macchia, in cui ardono, pur cernuli, gli occhi dei dragoni; dei raggi luminosi che, filtrando attraverso i petali delle viole, si imbevono di color giallo e amaranto, e vanno a inondare il corpicino del bimbo.
Ma ricerche anche piú sottili si possono trovare nelle odi di Pindaro. Anche qui, non indugio troppo a raccogliere quanto il lettore può trovare da sé. Ricordo tuttavia le isole dei Beati (O., II, 85):