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Questa odicina è del 452; il fasto delle corti siciliane che aveva abbagliata la fantasia di Pindaro è tramontato da un pezzo.
Abbiamo già accennato alla sorte di Camarina. Conquistata dai Siracusani, nel 552, e ripopolata da Ippocrate, era stata nuovamente distrutta da Gelone nel 484, per essere poi rioccupata e riedificata dai Geloi nel 461-60.
Pindaro aveva settant’anni: e ben maturo sembra fosse anche il vincitore, se a consolarlo Pindaro ricorda il mito di Ergino figlio di Climeno. Il quale Ergino era uno degli Argonauti, e sembra non fosse tanto giovine, e aveva i capelli bianchi. Allorché durante il viaggio di ritorno dalla famosa spedizione, prese parte alle gare di Lemno (cfr. P. IV), le femmine lemnie, nel vederlo cosí brizzolato, lo beffarono un po’. Ma Ergino vinse, e, andando a riscuotere il premio, si vendicò dando alla regina Issipile una pungente risposta.
Questa ode senile, garbata, ma incolore e non molto armonica, chiude assai tristamente il luminoso ciclo delle odi siciliane. La Olimpia Va, che segue, non sembra autentica.