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Agesia era amico e indovino di Ierone, ed anche suo generale, come si vede dal confronto istituito in quest’ode fra lui ed Anfiarao (v. 12 sg.). Apparteneva alla famiglia degli Iamidi, che avevano ereditaria la gestione d’un oracolo in Olimpia, e che dal lato materno discendevano da signori del monte Cillene, in Arcadia. Lo scoliaste dice che s’ignora la data di quest’ode; ma dalla riflessione che è un bene per Agesia avere due patrie, Siracusa e Arcadia (v. 98 sg.), si può indurre che i tempi non fossero sereni. Agesia fu ucciso nei tumulti che seguirono la morte di Ierone: è ovvia l’idea che l’ode fosse composta poco prima, dunque nella olimpiade 78, 468 a. C. — Eccone il piano.
«Voglio incominciare con un esordio solenne. Agesia ha vinto in Olimpia: è ministro, in Olimpia stessa, dell’ara di Giove: è figlio di Siracusa» (v. 1-9).
Ora conviene risalire sino alla stirpe originaria di Agesia, cioè degli Iamidi: è lungo viaggio: occorre un cocchio: ben possono servire le mule che vinsero nella gara: e Fíntide, l’auriga, le aggioghi (v. 22-28).
Ed ecco la origine degli Iamidi. Posidone, dio del mare amò Pitane, ninfa che dimorava nella terra che prese poi il suo nome, accanto al fiume Eurota. Dal connubio nacque una fanciullina, Evadne, che la madre mandò ad allevare al re d’Arcadia Apito. Evadne, cresciuta, fu amata da