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104 LE ODI DI PINDARO


si stende fino al verso 66. La conclusione è un brindisi in onore del vincitore. —

Come nella 1ª Olimpia, il mito non ha rapporto diretto col vincitore, bensí con la gara in cui esso vinse. Del resto, è innegabile che senza stiracchiare, si possono trovare corrispondenze tra mito e avvenimenti politici. Polizelo era fuggito come Anfiarao, e aveva trovato asilo ad Agrigento; e poi s’era conclusa la pace, e Ierone aveva sposato la nipote di Terone. Si potrebbe trovare anche un altro sistema di allusioni; ma è terreno assai sdrucciolevole.

Dai versi 5 sg., sembra si possa indurre che Cromio facesse il suo ingresso in Etna sul carro, trionfalmente. Il «cimento feroce di lance sanguinee» (v. 40) è ambiguo. Forse è la lotta civile che a mala pena s’era potuta allora evitare, e che dopo la morte di Terone scoppiò, e fu davvero sanguinosissima. Veramente la parola che io traduco sanguineo (ψοινικόστολος) è da altri intesa per: fenicio, cartaginese; ma la minaccia cartaginese contro Etnea la intendo poco. Dai versi 71 sg., si ricava che premio delle gare sicionie erano coppe d’argento: il che sappiamo anche dall’ode nemea X, antistrofe III.

Pel movimento fantastico, è da notare che la immagine della morte di Anfiarao e dei sette roghi divampanti innanzi a Tebe è ripresa con maggior larghezza nella ode olimpia VI.