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ODE NEMEA I 97


bensí, dei miei beni godendo,
partecipi farne gli amici, e udirne la lode: ché spemi
comuni han gli oppressi mortali.


Epodo

Ora io, ridestando un racconto sui vertici sommi d’avite
prodezze, con tutto il mio cuore mi faccio vicino ad Alcíde:
com’egli, progenie di Giove, dal grembo doglioso materno
uscí col germano gemello,
del giorno alla fulgida luce;

III


Strofe

e come entro fasce di croco
fu avvolto; né ad Era
rimase nascosto. Trafitta
nell’anima, súbito mandò due dragoni.
Dischiuse eran tutte le porte;
e quelli, diritti, ai recessi del talamo andaron, bramosi
di cingere ai pargoli attorno
le ingorde mascelle. Ed Alcide, levando su erta la testa,
compie’ quella prima sua zuffa,


Antistrofe

le strozze ghermendo ai due draghi
con ambe le mani; né quelli
sfuggiron la stretta; e breve ora
spazzò le loro anime dall’orride membra.

Pindaro - Le Odi, I . 7