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96 | LE ODI DI PINDARO |
Epodo
contrada, anche insigne per fiore supremo d’acropoli fosse.
E gente le diede il Croníde maestra di bronzee mischie,
di fieri cavalli, e partecipe dei serti d’ulivo in Olimpia.
Di molte prodezze il ricordo
toccai, né a menzogna m’attenni. —
II
Strofe
Io stetti su l’atrio e la soglia
dell’uomo ospitale,
levando canzoni soavi,
là dove a me ricca s’appresta la mensa.
Né chi peregrino qui giunga
respingon le case. Chi gitta censure sui buoni, fa come
chi l’acqua rovescia sul fumo.
Son varie degli uomini l'arti. Conviene per tramiti retti
pugnare con l’ínsita forza.
Antistrofe
La possa si mostra nei fatti;
il senno, se all’uomo
Natura lo die’, nei consigli,
s’ei scorga il futuro. Figliuol d’Agesídamo,
tu questo, tu quella possiedi.
Non piacemi, no, gran ricchezze nascondere in casa e tenermele;