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PREFAZIONE XIII

gliando nello spirito pindarico da nuovi atteggiamenti, in questa novità attingono anche esse una loro verginità.

Questo mondo mitico, ed ogni altra materia di canto, subiscono nello spirito di Pindaro un processo unico, che li amalgama e li avviva, e che bisogna aver bene afferrato, per intendere nella sua piena efficacia la poesia pindarica. Tutte le creature animate ed inanimate, e tutti i concetti astratti, appena entrati nel cerchio della fantasia di Pindaro, divengono antropomorfi, e quindi suscettibili e capaci di quanto uomo può fare o patire. Ora, questo atteggiamento non è davvero proprio ed esclusivo di Pindaro; anzi è uno dei principali processi secondo i quali si sviluppa ed avviva il linguaggio umano. Anche ora, se analizziamo qualsiasi delle lingue moderne, vediamo sotto il velame sempre piú denso e monotono delle forme astratte e derivate e foggiate a serie, il divincolio confuso d’una simile vita. Ma è vita fossile. O, meglio, vita in potenza. Tutti diciamo che le nubi volano; ma nessuno le vede piú provviste di ali di rostri di penne. Pindaro, invece, scorge l’occhio nero della nuvola che avvolge il capo all’aquila di Giove. Per lui, la pioggia abbrividisce, la fiamma càlcitra contro il fumo; e quando Pindaro parla di calcitrare dobbiamo vedere lo zoccolo vibrato. Anche noi diremo facilmente che «muove». Ma Pindaro la vede proprio camminare, e vede il sentiero che essa batte, lungo la verità: e se cammina, ha gambe e piedi, e si può adattarle un calzare. Le canzoni balzano verso il vincitore, hanno viso, e adorno di gioielli d’argento, mescono l’elogio.

Questo processo investe anche talune essenze per le quali noi stentiamo a concepir la personificazione: per esempio, la Gesta, che sitisce l’elogio (I. 1. 16), o il Principio dell’azione, che accoglie chi opera, come ospite gli ospiti; e talune altre