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84 | LE ODI DI PINDARO |
cioè Terone e Senocrate, conseguirono vittorie la cui fama non morrà (13-30).
Ma tu conosci meglio di chicchessia, o Trasibulo, le vittorie, l’ospitalità, le feste della tua casa. Ora la grandezza antica è caduta. Ora ci sono ostacoli a cantar di voi. Ma non ci sono ostacoli a chi vuole. Io canto (31-36).
E potessi con la mia parola tanto superare gli altri poeti quanto Senocrate superava tutti gli altri uomini! (37-40).
Elogio di Senocrate (40-45).
Ora gl’invidiosi vorrebbero che si tacesse di lui. Ma tu fa’ suonare alto il suo nome, ed il canto in cui io lo esalto (43-46). —
Rivolgendosi infine ad un certo Nicasippo, il poeta gli offre il canto perché lo rechi a Trasibulo. E cosí, termina l'ode.
I poeti salgono il cocchio delle Muse — cosí vediamo, in antiche rappresentazioni, l’eroe stare sul carro accanto alla Dea che lo protegge. — Le canzoni moderne si vendono a prezzo, come le cortigiane: han voce lusinghiera, e viso tutto adorno di gioielli (6-8). — Era famosissima fra i Greci la massima: l’uomo è denaro, attribuita ad un Aristodemo, che qualcuno includeva fra i sette sapienti. La massima, al solito, è personificata: dunque ha anche piedi, e può camminare; sicché Pindaro dice che muove presso ai sentieri di verità (9-10). — Il «Saggio tu sei, tu m’intendi» si riferisce a quanto è detto sopra, alluda o non alluda a Simonide; ma poi nel testo è riferito, assai piú strettamente, a quanto segue. È strano zeugma, non unico in Pindaro; e di gusto non indiscutibile (13). — Gli Araldi delle Ore sono gli araldi Elei che al cominciar delle feste olimpiche annunciavano la tregua sacra; ed erano stati, come ho detto, largamente ospitati ad Agrigento da Terone e Senocrate (24). — La Dea Vittoria accoglie il vincitore: qui si dice che questi le cadde sulle ginoc-