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— Grazie infinite!
— La prego: non perdiamo il tempo in complimenti.
— Troppo buono.
— Ho letto il suo lavoro. Magnifico! —
L’autore, commosso, cambia subito di colore.
— Buono l’intreccio, i caratteri disegnati e coloriti stupendamente da vero maestro. —
L’autore, confuso, vorrebbe sputare, ma non può, perchè la lingua gli è rimasta attaccata al palato.
— Il dialogo è vivacissimo e scintillante di spirito.... e spirito di buona lega. Peraltro accetti un mio consiglio.
— S’immagini.... con tutto il cuore! — risponde l’autore con voce tremante dalla gran contentezza.
— La sua commedia è di cinque atti, non è vero? Ebbene, se io fossi in lei, la ridurrei in due atti soltanto, e meglio in un atto solo. Quando l’avrà ridotta in un atto, me la rimandi subito e fra quattro o cinque mesi, se avrò tempo, le prometto di mettergliela in scena: badi bene, se avrò tempo! —
Dopo questa antifona il povero diavolo torna a casa più morto che vivo; ma invece di perdersi di coraggio, si rassegna ad aspettare pazientemente che capiti alla piazza (altro vocabolo del dialetto furbesco del palcoscenico) qualcuno di quei capicomici di maniche larghe, compresi nella seconda categoria.
Alla fine, come Dio vuole, il capocomico cà-