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mostrasse il viso per loro, e se ne facesse responsabile. I Pseudonimi finiscono sempre le loro lettere protestando che, se si nascondono, hanno però il coraggio della propria opinione, e sarà vero: peccato, che non abbiano nessuna opinione del proprio coraggio.
Vengono da ultimo le lettere dei corrispondenti ordinarj e straordinarj: poi quelle degli amici, che dicono al giornalista «coraggio e avanti!», poi quelle degli invidiosi, che gridano «faresti meglio a smettere», poi quelle dei soliti lettori assidui, che hanno sempre da lamentarsi del Municipio, che dorme il sonno di Parisina (com’è noto, Parisina dormiva e chiacchierava), del Governo che non governa, dei Tranvai perché corrono troppo, dei portalettere perché corrono poco, dei borsajuoli perché fanno il loro dovere, e delle guardie di questura perché non lo fanno.
Il giornalista, com’è naturale, non può accogliere nel suo foglio tutta quella valanga di epistole inedite, che gli casca addosso ogni mattina. Allora che fa? sceglie il fior fiore, e il resto lo condanna all’oblio, cacciandolo in quella paniera senza fondo, dove gli agenti delle tasse mettono a purgare i ricorsi contro la Ricchezza Mobile e la Tassa sui Fabbricati.
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Interno della Redazione di un giornale ministeriale. — Due uomini che, lisciandosi i baffi, stanno scrivendo un articolo politico, il quale