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così. Guai a te se una volta, una volta sola, ti scappasse detto, signor Cavaliere.

— Come, come? È stato fatto Cavaliere?

— Non ne so niente! Ti ripeto che io mi chiamo Bruto, e che in casa mia non conosco cavalieri! Hai capito, Rosa?

— Ho capito, signor Cavaliere.

— Da’ una corsa qui da Marcello e senti se potesse arrivare un mezzo minuto da me.

— Il signor Marcello sale in questo momento le scale. —

Marcello era il proprietario del biliardo pubblico di Borgunto. La sera segnava i punti ai giocatori di carambola, e nel giorno, non avendo da far nulla, compilava le notizie per il Foglio ufficiale della Sotto-prefettura, giornale che si pubblicava regolarmente due volte l’anno, e tre volte negli anni bisestili.

— Mi rallegro, ma proprio di cuore! — disse Marcello, stringendo la mano a Bruto.

— Quando l’hai saputo? — domandò l’altro, lisciandosi i baffi con tutte e due le mani, per nascondere un risolino d’infinita consolazione, che gli balenava sulle labbra.

— L’ho saputo mezz’ora fa dal Sotto-Prefetto. Domani mando fuori apposta un supplemento per annunziare la tua nomina.

— Per carità, non lo fare. Mi daresti un vero dolore.

— Perchè?

— Tu conosci i miei principj! Io non amo di dar pubblicità a queste ragazzate.