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In quel momento apparve nella stanza la moglie: la quale, visto il marito in uno stato di profonda costernazione, gli domandò premurosamente:
— Che cos’hai? ti senti male?
— Una delle mie solite fortune! — replicò Bruto con accento d’infinita amarezza.
— Cioè?
— Leggi!... — E consegnò alla moglie il diploma del cavalierato.
— Oh! finalmente!... — gridò la signora Bianchina tutta contenta. — Sia ringraziato Dio!
— Ringrazialo tu. Quanto a me, l’unica cosa che mi fa piacere, in questo tristissimo quarto d’ora, gli è di sapere che la croce non l’ho chiesta come fanno tanti.... anzi come fanno tutti! Dunque, se l’ho avuta, l’ho avuta per merito tutto mio, per quel po’ di merito personale, che nessuno mi nega. —
A queste parole la signora Bianchina, sebbene fosse una donna di molto spirito, abbassò gli occhi e fu lì lì per arrossire; ma si riprese in tempo e disse dentro di sè:
— Io lo feci a fin di bene, e per la felicità di mio marito! Iddio mi vede il cuore! e sono sicura che mi perdonerà. —
E dopo si sentì subito più consolata.
Intanto Bruto suonò il campanello.
— Ha chiamato lei, signor Bruto? — disse la Rosa affacciandosi in sala.
— Brava Rosa! — gridò il mio amico. — Chiamami sempre il signor Bruto. Io mi chiamo