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— Va’ pure.

— «Sono sensibile all’onore....»

— Quel sensibile — disse Bruto, infilandosi la penna dietro l’orecchio — mi pare un po’ troppo corto: se si mettesse, invece, sensibilissimo?

— Allora scrivi «sono sensibilissimo all'onore.... ».

— Mi piacerebbe più «all’alto onore » — osservò l’amico.

— Perchè alto? quell’alto è un vocabolo esagerato.

— Non è vero: te lo provi che nelle lettere a qualche pezzo grosso si dice sempre alta stima e alta considerazione, anche quando s’ha l’intenzione di non dir nulla.

— Ebbene, — risposi io annoiato — scrivi un po’ come ti pare, e non se ne parli più. —

Scritta la lettera e sigillata, Bruto s’alzò, e presomi per tutte e due le mani, mi disse con accento basso e concitato:

— Ora ho bisogno da te di una prova di vera amicizia.

— Quale?

— Non devi raccontare a nessuno questa ragazzata della croce! A nessuno! Voglio che resti un segreto per tutti. Che vuoi che ti dica? Saranno sofisticherie; ma non mi so rassegnare a sentirmi dare del cavaliere.

— E io non lo racconterò a nessuno! Ma nemmeno a tua moglie?

— Dio te ne liberi! Sarebbe lo stesso che dirlo a tutto il paese. —