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uomini di spirito, sapevano benissimo che quando l’appetito dice davvero, tutte le mani sono sorelle fra loro.


I Caffè.


— E dopo le Osterie, i Caffè. Fra i Caffè fiorentini, ve n’erano quattro, che avevano una fisonomia particolare: il Caffè Doney da Santa Trinita, il Caffè Elvetico in Mercato nuovo, e i due Caffè del Bottegone e dell’Elvetichino, sulla piazza del Duomo, o sul Duomo, come si diceva allora per maggior brevità.

Il Caffè Doney, in certe ore del giorno, diventava il ritrovo e la stazione dei forestieri, dei signori e di quelli che parevano signori, specie di fogli falsi di Banca che si mescolavano coi fogli buoni, forse nella speranza di essere spesi in piazza per moneta corrente.

L’elemento dominante, nel Caffè Elvetico, veniva rappresentato dalla famiglia varia degli artisti: orefici, cesellatori, gioiellieri, gettatori di metalli, lavoratori di brillanti, scultori, modellatori, pittori, sbozzatori, tutti tipi schiettamente fiorentini, tutta gente allegra, spensierata, italianissima, pronta di lingua e, capitando il bisogno, anche di mano.

Da questo Caffè uscivano per il solito quei motti arguti, quegli epigrammi a due tagli e quelle satire corte e affilate, come rasoi, che passando di bocca in bocca, facevano il giro di tutte le case, di tutti i crocchi o di tutte le bri-