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Ma i partigiani accaniti della pena di morte, di quella pena, come dicono loro, suprema per efficacia e per moralità, non hanno mai saputo intendere tutto quest’odio feroce dei fiorentini per il patibolo; e se lo domandate anche a me a quattr’occhi, rispondo francamente che non lo intendo neppur io.
Siamo giusti, via: che cosa ha fatto mai di male quella buona donna della Ghigliottina e la sua cara sorella di latte, la Forca, per perseguitarle con tanto accanimento?
Dove volete trovare nel mondo una cosa più semplice e più innocente di un colpo di mannaia sul collo o di un nodo scorsoio intorno alla gola? A lamentarsi di queste piccole inezie mi par quasi lo stesso che dir male della Provvidenza Divina!
Dite piuttosto che le belle arti se ne vanno e che pur troppo spariscono una dietro l’altra, con una furia vertiginosa. Non è molto, difatti, che sparve la tortura: oggi si muove una guerra spietata al patibolo, e la stessa impalatura alla turca corre gravissimi pericoli. Dio sperda il tristo augurio: ma se i turchi, prima o poi saranno cacciati da Costantinopoli, vedremo arrivare in Italia una selva intera di pali inoperosi, e disgraziamente non sapendo noi dove piantarli, saremo costretti a lasciarli marcire nei magazzini. Quanta grazia d’Iddio sciupata!...
D’altra parte anche i fiorentini bisognava un po’ compatirli, perchè fra di loro ve n’erano di quelli così baccelloni e superstiziosi, che abor-