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Città o Casa?


Firenze, avanti la sua decadenza, poteva chiamarsi una casa grandissima, nella quale tutti gl’inquilini si conoscevano o di vista o di saluto o di nome. Tant’è vero che, ogni volta che in teatro o alla passeggiata mancava qualcuno dei soliti frequentatori, i curiosi, ammiccandosi fra di loro, si domandavano per esempio:

— Che cos’è stato di Gigi, che non si vede?

— Uhm! o sarà infreddato o sarà fuggito per debiti.

— E la contessa Gemmì? com’è che stasera il suo palco è vuoto?

— È rimasta a casa.

— Chi te l’ha detto?

— Me lo figuro: vedo che ha mandato al teatro il marito!

— E Gustavo?... manca all’appello anche lui.

— Sarà alla novena col suo futuro capo uffizio.

— Da quando in qua s’è dato al buon cristiano?

— Dal giorno che ha chiesto il posto di segretario agli Affari Esteri.

— Che è forte nelle lingue straniere?

— Fortissimo. Parla il dialetto pisano meglio d’un inglese. —

In una città come Firenze, dove tutti gli abitanti erano fra di loro o parenti, o amici, o ne-