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Carlino si alza di mala voglia, e un po’ ridendo e un po’ vergognandosi, dice:

— Domando la parola.

— La parola è all’onorevole Carlino, — replica il Presidente.

— E ora?

— Ora la parola è tua.

— E io ’un la voglio.

— Tu l’hai chiesta, e tu la devi pigliare. O che ci vuoi tanto a fare un discorso? non importa mica ragionare per bene! —

Carlino boccheggia un poco; ma poi facendosi coraggio, grida con forza:

— Signori, propongo un voto di sfiducia contro il maestro.

(Sensazione profonda in tutta la scuola. Tutti i ragazzi si alzano dai loro posti e vanno a stringere la mano all’oratore).

— Domando la parola, — grida subito un altro ragazzetto.

— La parola è all’onorevole Giampietro!

Io propongo invece che si rispetti il signor maestro! — (urli, grida, baccano, proteste, pugni sulle tavole e calamai e ciotole di polverino per aria).

Rifatta un po’ di calma e un po’ di silenzio, Carlino si volta verso Giampietro, gridandogli sul viso con accento di profondo disprezzo:

— Già tu sei sempre stato un vile sgherro dei tiranni. Abbasso il maestro e tutti i tiranni.

— Abbasso i tiranni! — urlano in coro gli scolari, ridendo fra di loro.