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Appena il maestro è uscito dalla stanza, tutti gli scolari saltano fuori dai loro posti e comincia una sinfonia di voci bianche e acutissime, da cavar di cervello un sergente di artiglieria.
— Zitti tutti! — grida a un tratto Raffaello mettendosi a sedere sulla poltrona del maestro. — Vi propongo un bel giuoco.
— Quale?
— Andate prima ai vostri posti.
— E poi?
— E po si fa finta d’essere alla Camera dei deputati.
La proposta è accolta all’unanimità meno uno il quale proporrebbe, invece di fare a moscacieca.
— Io sono il Presidente, — grida Raffaello, — e voialtri sarete i deputati di là la destra o di qua la sinistra.
— Io voglio andare a sinistra, — dice Gigino, traversando la scuola — non ci voglio stare coi malvoni!
— Vien via, non fare il fremente, gli risponde Adolfo, — come se non si sapesse che tu’ padre gli era tamburo della Guardia Nazionale!
— Smettiamola! — grida il Presidente. — Dunque attenti: di qua i destri e di là i sinistri.
— Icchè vuol dire i destri? — domanda Giuggiolino con voce di piagnisteo. — Io, il giuoco dei Deputati non lo so fare.
— Che ignorante! O non leggi mai il giornale? Voialtri di destra avete a dir sempre di no, e voialtri di sinistra sempre di sì: se no il gioco gli è bell’e finito. Signori, la seduta è aperta,