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Maestro. — Povero Giuggiolino! O perchè ti chiama Pareggio?

Giuggiolino (piangendo). — Perchè non ho mai un centesimo.

Leonzio. — Il vizio di mettere i soprannomi l’ho anch’io, ma almeno rispetto i disgraziati.

Raffaello. — O io?

Leonzio. — Te, no!

Maestro. — Sarebbe una cosa che ti farebbe dimolto torto.

Leonzio. — Si figuri che in casa sua c’è per serva una ragazzetta di campagna; e perchè l’è un po’ scema di cervello e fa ridere tutti, e lui la chiama col soprannome di Istruzione obbligatoria.

Maestro. — Questa poi è forte! troppo forte!... (il maestro fa vista di essere stizzito, ma invece ci gode).


VI.


Intanto entra nella scuola il bidello e avverte il signor maestro che c’è di là la solita vedova, che ha bisogno di vederlo.

Il maestro mangia la foglia a tempo e dice:

— Ah! ho capito. Sarà quella povera vedova d’ieri. Santa pazienza! Con queste opere di carità non si finisce mai!

Mentre il maestro batte sulle opere di carità, due o tre scolaretti si scambiano fra di loro un’occhiata o sorridono di un sorriso pieno d’intelligenza. Oh il candore a dodici anni!