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come è naturale, fece subito il suo dovere, e mio padre, sempre distratto, credendo di essere entrato in casa sua, accese un fiammifero e cominciò a girare per le stanze. Quand'ecco che inciampa per fortuna in un astuccio di posate d'argento. Fu allora che s’accòrse dello sbaglio, per cui in fretta e furia riprese la scatola dei fiammiferi che aveva lasciato sulla tavola, se la messe sotto il pastrano e venne via. Ma appena fu nella strada, incontrò i soliti questurini, che gli domandarono: — «Dove andate?» — e lui — «vado a casa» — e loro — «che cosa avete costì sotto il pastrano?» — e lui — «una scatola di fiammiferi» — e loro — «vediamola!...». Si figuri come rimase il mio povero babbo, quando si accòrse di aver preso per isbaglio l'astuccio delle posate, invece della scatola dei fiammiferi! Uno sbaglio può accadere a tutti, ne conviene? Ma il tribunale non volle intendere la ragione e condannò quell’innocente a tre anni di casa di forza. Lo vuol credere? il crepacuore e la disperazione del mio babbo fu così forte, che non potendo sopravvivere a tanta vergogna, fuggì di prigione e non s'è fatto più rivedere. —


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— Io poi (seguita a dire) fui vittima di un’altra disgrazia. Un giorno correvo a gambe per la strada e, nel correre, volle il maladettissimo destino che un bottone della mia giacchetta si attaccasse alla catena d’oro d’un signore, che pas-