Pagina:Nuovi studi sulla giuntina di rime antiche Debenedetti, 1912.djvu/16


12 Al solito è un po’ crucciato, un po’ seccato Guido Orlandi i, e risponde con mala grazia affrontando, prima di ogni altro, l’ultimo quesito.

Al motto diredàn prima ragione diraggio, meo parere, a la ’ncomenza.

L’apparizione della morta significa corruzione, la corruzione del tuo vano cuore, da cui conviene guardarsi, perché dall’anima dipende il corpo, dall’anima che lo regge e lo trae come la lenza trae il pesce. Dei doni che ricevesti, o meglio «del dono e del vestito»

meriti grave biasimo, né devi osare di difenderti, perché è sconveniente rivelare l’amore d’una donna o d’una fanciulla, scusandosi col dire: io sognai, col dire:

non dico nulla. Pensa infatti chi ti chiama: è tua madre che ti viene a castigare; ama dunque colatamente e ne avrai gran gioia.

Ma Salvino Doni non per freddo ragionamento si mosse alla ricerca del vero, perché vi ha una potenza, la divina potenza, «senza la qual ciascun parla a tastone», e che sola devesi invocare per ottenere quella

    d’Italia e di Provenza, è ripetuta dal nostro Chiaro più che da qualsiasi altro rimatore:

    Che quand’io guardo lo suo chiaro viso fo [co]me ’l parpaglione a la lumera che va morire per sua claritate. Cosi son divenuto parpalglione che more al foco per sua claritate. Che ’l vano assalto face ’l parpalglione bassare a lume per la chìaritate, ecc, ecc

    .

    Per la poesia di Chiaro Davanzati, nelle sue relazioni con quella di Provenza, vedi l’ottimo lavoro di C. De Lollis, Sul Canzoniere di C. D., in Giorn. stor., Supplemento n. 1, p. 82 sgg., e cfr. p. 94. N. ZINGARELLI, Dante, p. 103; E. Levi, G. Orlandi, in Giorn. stor., XLVIII, 1.