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Pag. 63Zi Meo. Questo caro amico campagnolo morì, non proprio vecchio per quei posti, nell’ottobre del 1907, a 72 anni. Morì, più che per altro, di tristezza e scoramento. Onore alla sua memoria!

Pag. 67Nannetto Questo giovinetto morì a Zurigo dove suo padre, Giovanni Conti, altro mio caro amico, teneva bottega. Ora il padre è tornato alla nativa campagna di Castelvecchio, ma senza il diletto primogenito. Era pien d’amore Tonino o Nannetto, come lo chiamavo io, per i suoi, e voleva anche molto bene agli animali, colombi, conigli, caprine. Nella sua bottega a Zurigo teneva uno scoiattolo, nella sua casa a Castelvecchio aveva lasciate due colombe che accorrevano a un suo fischio.

Pag. 145La piada. È il pane, anzi il cibo, direi, nazionale dei romagnoli. Si fa senza lievito e si coce sopra un testo. Rassomiglia quindi agli azimi che gli Ebrei mangiano per Pasqua insieme cum lactucis agrestibus (Num. 9, 11). È pane affrettato e ognuno lo fa da sè. È il pane primitivo: panem... primo cinis calidus et fervens testa percoxit. deinde furni paulatim reperti (Sen. Ep. mor. 90, 24). O vedete, miei conterranei, che non c’è bisogno di cercare un equivalente italiano alla parola testo, che è latina latinissima (oltre testa, c’è anche testu)? E non è bello sostituire a piada (da plata, che è un relitto greco nelle nostre spiaggie che tanti altri ne hanno, come matra per madia, calzèdar per brocca od orcio), quella cara pizza che i napoletani si meraviglierebbero molto se sapessero che i