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la piada | 147 |
Taci, querulo passero: t’invito.
Sempre diventa il tuo gridìo più fioco:
41taci: or ora imbandisco il mio convito.
Il poco è molto a chi non ha che il poco:
io sull’aròla pongo, oltre i sarmenti,
44i gambi del granturco, abili al fuoco.
Io li riposi già per ciò. Ma lenti
sono alla fiamma: e i canapugli spargo
47che la maciulla gramolò tra i denti.
Nulla gettai di quello che non largo
mi rese il campo: la mia man raccoglie
50anche i fuscelli per il mio letargo.
Serbo per il mio verno anche le foglie
aride. Del granturco, ecco via via
53mi scaldo ai gambi e dormo sulle spoglie.
Ciò che secca e che cade e che s’oblia,
io lo raccolgo: ancora ciò che al cuore
56si stacca triste e che poi fa che sia
morbido il sonno, il giorno che si muore.