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— Passate! — Non ci credo. Seguita a leggere.
— «verranno a trovarla nello studio, indirizzate da me, la signora Con»... guarda, come dice qua?
— Confucio.
— Che Confucio! Cont o Consalvi, non si legge bene, «è la figliuola, le quali hanno bisogno dell’opera sua. Sicuro che», ecc., ecc.
— Non te la sei scritta da te, codesta lettera? - domandò Ciro Colli, riabbassando la testa sul petto.
— Imbecille! - esclamò, gemette quasi, il Pogliani, che, nell’esasperazione, non sapeva più se piangere o ridere.
TI Colli alzò un dito e fece segno di no.
— Non me lo dire. Me n’ho per male. Perchè, se fossi imbecille, ma sai che personcina a modo sarei io? ben vestito, ben calzato e con una bella cravatta elioprò ... eliotrò ... come si dice? tropio e il panciotto di velluto come il tuo... Ah, quanto mi piacerei col panciotto di velluto! Senti, facciamo così. Te lo dico per il tuo bene. Se è vero che codeste signore Confucio devono venire, rimetti in disordine lo studio, o si faranno un pessimo concetto di te. Sarebbe meglio che ti trovassero anche intento al lavoro, col sudore... come si dice? col pane... insomma col sudore del pane della tua fronte. Piglia un bel tocco di creta, schiaffalo su un cavalletto e comincia alla brava un bozzettuccio di me così sdraiato. Lo intitolerai Lottando, e vedrai che te lo comprano subito per la Galleria Nazionale. Ho le scarpe... non tanto nuove; ma tu, se vuoi, puoi farmele anche novissime, perchè come scultore - non te lo dico per adularti-sei un bravo calzolaio...
Costantino Pogliani, intento ad appendere alla parete due cartoni, lo lasciava dire. Per lui, il Colli era un disgraziato fuori della vita, un ozioso ostinato superstite d’un tempo già tramontato, d’una moda già smessa tra gli artisti: sciamannato, incolto, noncurante, infingardo... Peccato veramente, perchè poi, quand’era in tempera di lavorare, poteva dar punti ai migliori. E lui, il Pogliani, lo sapeva bene, chè tante volte, li nello studio, con due tocchi di pollice impressi con energica sprezzatura s’era veduto metter su d’un tratto qualche abbozzo che gli cascava di stento. Ma avrebbe dovuto studiare, almeno un po’ di storia dell’arte, ecco, e regolar la propria vita, avere un po’ di cura della persona: così cascante di noia e con tutta quella trucia addosso, era inaccostabile, via! Lui, il Pogliani... ma già lui aveva fatto finanche due anni d’università, e poi... signore, si vedeva.
Due discreti picchi alla porta lo fecero saltare dallo sgabello su cui era montato per appendere i cartoni.
— Son loro! E adesso? - disse al Colli, mostrandogli le pugna.
— Loro entrano ed io me ne vado, - rispose il Colli, senza levarsi. - Ne stai facendo un caso pontificale! Del resto, potresti anche presentarmi, pezzo d’egoista!
Costantino Pogliani corse ad aprir la porta, rassettandosi su la fronte il bel ciuffo biondo riccioluto.
Prima entrò la signora Consalvi, poi la figliuola: questa, in gramaglie, col volto nascosto da un fitto velo di crespo e con in mano un lungo rotolo di carta; quella, vestita d’un bell’abito grigio chiaro, che le stava a pennello su la persona giunonica. Grigio l’abito e grigi i capelli, giovanilmente acconciati sotto un grazioso cappellino tutto contesto di violette.
La signora Consalvi dava a veder chiaramente che si sapeva ancor fresca e bella, ad onta dell’età. Poco dopo, sollevando il crespo sul cappello, non meno bella si rivelò la figliuola, quantunque palliduccia e dimessa nel chiuso cordoglio.
Dopo i primi convenevoli, il Pogliani si vide costretto a presentare il Colli che era rimasto lì con le mani in tasca, una