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della parola, anche quando accenni a conquiste che speriamo vedere attuate.

Fra gli estremi, dati dalla pittura e dalla letteratura, termine medio è la musica; in quanto che, sebbene non si possa o non si debba discorrere d’una composizione musicale veramente decorativa, nella quale perciò il colorito sia capace d’emanciparsi dalla linea e assumer valore proprio, è certo che per l’indole vaga della musica, non indicante, come la parola, il fascino strumentale giunga a effetti cui la letteratura non può aspirare, se non perdendo di vista sè medesima. E questo accade oggi incomparabilmente più spesso di quel che non è accaduto mai nelle ère storiche. Non ai sommi però, poichè la caratteristica dei veri grandi scrittori, anzi in genere dei veri grandi artisti, è il sentimento, conscio o inconscio, della natura della propria arte, sentimento che suggerisce la tecnica e ne proporziona la importanza. Nè forse sarebbe illogico sostenere l’identico principio per le epoche, e cioè che una di esse non sarà mai dotata altamente per questa o quell’arte, se non ne possiede spontanea la percezione dei limiti e degl’intenti.

Abbiamo veduto dunque, come s’era accennato all’inizio, il colorismo essere la più segnalata caratteristica dell’arte odierna, poichè soltanto oggi esso si manifesta in tutte le arti, specialmente nella pittura, nella musica e nella letteratura: nella prima per reazione, nella seconda per sviluppo, nella terza per influsso delle due precedenti; in tutte e tre per l’acuirsi della sensibilità cromatica, dalla quale è probabile fiorisca tra breve una nuova forma d’arte, che vorrei chiamare la musica del colore. Ma anzitutto è necessario che la letteratura, riacquistando la piena coscienza del proprio spirito e del proprio àmbito, si liberi dalle lusinghiere pastoje di certe pretese e di certe affettazioni. La penna s’intinge nell’inchiostro, non nei colori. Il valor fònico della parola non è quello delle note, come il suo valore coloristico non può esser quello della tavolozza. Tutti sentiamo che le consonanti hanno ciascuna la propria fisionomia: arida la S, scorrevole la R, dura la T, fluida la L., e così via; e che le vocali sono più o meno chiare: chiarissima l’A, scurissima la U. medie la O e la E, acuta la I, e, per conseguenza, acuta e scura la Y. Ma voler suscitare idee di colore, o anche semplicemente di luce, per mezzo di queste particolarità è grossolano errore; perchè il lieve elemento suggestivo del suono nella parola è vinto dalla forza del significato, e quindi non può agire se non come obbediente cooperazione.

Nulla di più facile a intendere, è vero? Eppure molti, troppi scrittori si abbandonano al lusso della parola, come molti musicisti a quello de la sonorità, come molti pittori a quello de le tinte, poichè tutto ciò serve a coprire, o almeno a velare, la indigenza dell’ispirazione e dell’espressione.

U. Fleres


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