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allucinato dall’oppio. E tutti questi volumi di poesia, di prosa, di storia, di romanzo, di dramma, non oltrepassano mai le dieci lire italiane: sono cioè accessibili a tutti e rappresen tano il prezzo corrente di un volume nuovo nel Regno Unito.

A questi pregi d’arte, dobbiamo aggiungere i pregi del materiale adoperato. Solamente gl’inglesi hanno il segreto di quelle loro tele a grana sottile o tutte lisce, a grossa intessitura o a trama ordinaria, di quelle carte colorate che rivestono l’interno, di quelle vernici opache o lucide, di quei cartoni flessibili o resistenti, di quelle dorature che non si cancellano e di quelle impressioni che rimangano nette e angolose quasi fossero incise in un metallo. Il lettore inglese che compra il romanzo per leggere negli ozi dell’holiday o il ragazzo che riceve in premio il libro di strenna, o la signora che tiene sul suo tavolino l’ultima edizione di un volume di versi, abituano a poco a poco il loro occhio a quella forma di eleganza, a quella sobrietà di decorazioni, a quella armonia di colori. Incosciamente, fino dai primi anni, il loro gusto si verrà formando su quegli esemplari e il giorno in cui vedranno uno di quei mostruosi volumi che escono annualmente dalle case francesi o italiane, lo respingeranno come una cosa ignobile e indegna di entrare nelle loro librerie.

Non vi è dunque chi non scorga come questo rivestimento esterno del libro abbia importanza e non possa essere trascurato. Io non ho citato finora l’Italia, perchè in Italia pur troppo si è fatto pochissimo e i libri malamente stampati e peggio illustrati hanno quasi sempre avuto le rilegature che si meritavano. Qualche artista isolato, ha voluto tentare di tanto in tanto una rilegatura di lusso e in parte ci è riuscito. E dico in parte perchè è raro trovare un rilegatore italiano il quale sappia dare al volume quella compattezza che non esclude che si debba facilmente sfogliare o pure che non trascuri le lettere col titolo o le sbavature dell’oro nei fregi. Questa mancanza di precisione e di accuratezza è un difetto che si può dir comune ai più riputati rilegatori come ai più modesti. Ed è accaduto a me di vedere rilegature di lusso e relativamente eleganti, dove pure il titolo della costola era sbagliato o mancante di una lettera, e il fregio centrale dei piatti capovolto e la porpora del taglio in testa sgocciolante tra pagina e pagina. A questi difetti di tecnica, debbo aggiungere quelli derivati dalla mancanza di buon gusto: pochissimi sono i rilegatori italiani che hanno una collezione di ferri artistici e quasi nessuno una di caratteri. Anche in questo si fa tanto per fare» e i titoli dei volumi rilegati sono raramente belli.

E fin qui si tratta di rilegature di lusso. Il disastro comincia quando si scende alle così dette rilegature economiche e a quelle commerciali con le quali gli editori cercano di allettare il pubblico delle strenne natalizie! Qui la fantasia più delirante non può immaginare uno scempio maggiore ed io so di un uomo di buon gusto e desideroso di preservare i suoi figli da quel contagio di volgarità, che pagò un volume il doppio per averlo slegato e senza quella fioritura da pasticcere che ne deturpava l’esterno. E notate: ottenere un cambiamento radicale di questi sistemi e di queste abitudini è cosa più difficile che non si creda. Prima di tutto il pubblico ha oramai la vista corrotta e il gusto depravato; poi mancano gli operai educati a questa forma d’arte e in fine non si trovano facilmente i materiali adatti. Chiunque abbia tentato di fare qualcosa in questo senso, sa quali difficoltà debba superare.

A me, per esempio, è capitato una volta, per un mio volume che doveva essere venduto rilegato, di scegliere una tela speciale e di dare tutte le istruzioni in proposito all’editore e di vederlo – quindici giorni dopo – esposto nelle vetrine dei librai assolutamente diverso da quello che era stato stabilito. Il fornitore della tela, non avendo che una piccola partita di quella che avevamo scelta ne aveva mandata un’altra di altro


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