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D’altra parte le rilegature inglesi hanno questo d’importante: che si rivolgono a tutti e non ad un piccolo numero di amatori. Mentre in Francia la rilegatura è un lusso, in Inghilterra è divenuta una necessità e nessun editore che si rispetti pubblicherebbe un volume senza rivestirlo di una copertura semplice ed elegante al tempo stesso. Tutto ciò vale molto più di qualunque insegnamento a educare il buon gusto del pubblico. Quando in Francia - lascio per ora da parte l’Italia e vedremo fra poco perchè - un libraio mette in vendita un volume rilegato - e sono quasi sempre i così detti volumi di strenna, destinati ai fanciulli e ai giovanetti a cui tocca questa cattiva sorte - è il trionfo di ciò che essi stessi chiamano le clinquant et le mauvais goùt. Tele americane rosse o azzurre, sovraccariche di brutti fregi d’oro, di impressioni dipinte, di falso mosaico stonato. I fregi s’incrociano da tutte le parti, dorati, impressi, colorati: un graticolato settecentesco è inquadrato da un motivo modern-style; un ornato gotico finisce in un boschetto di palme, come era di moda sotto Luigi Filippo. La rilegatura economica e popolare, non ha diritto di essere artistica e i Petrus Ruban non riserbano la loro arte che a quelli amatori i quali possono pagare un prezzo minimo di cento lire!
In Inghilterra invece ogni libro - da quello popolare da uno scellino ai più costosi delle edizioni di lusso - è sempre rilegato con mirabile buon gusto. Prendete, per esempio, la piccola bibliotechina dei World’s classics, pubblicata dal Grant Richards di Londra: sono volumetti in ottavo rilegati in pelle, una pelle dalla grana schiacciata, di un bel colore verde smorto. Nel mezzo dello specchio anteriore vi è il monogramma della casa, dentro un fregio quadrato a rilievo d’oro. Sul dorso vi è una specie di albero araldico, dalle larghe foglie dorate con in cima un castiglio che racchiude il disegno, anch’esso d’oro di un antico papiro arrotolato. Lo specchio posteriore è semplice e senza nessun fregio: il volume, flessibile, maneggevole, piacevole al tatto come alla vista, costa solamente due È scellini. Un altro esempio: le antologie britanniche del Frowde. Questa volta il volume è in ottavo grande e la rilegatura rigida, in tela verde oliva. Lo specchio superiore è tutto istoriato da un fregio impresso, senza dorature e senza colori, fregio che rappresenta uno di quei rosai decorativi che furono cari a Walter Crane e ai suoi seguaci. Lo stesso motivo si ripete sul dorso, dove il solo titolo è scritto a lettere d’oro. Nello specchio posteriore è solo un tondo, del medesimo stile. Il volume costa scellini 2.60: pari a lire italiane 3 e centesimi dieci.
Ancora un esempio: degli Harper’ s brothers, americani questi, in un libro destinato ai bambini. È un volume del Gilson in quarto piccolo: rilegato di tela verde a trama sottile e disseminato tutto di piccole ghirlandette di un verde più tenero, legate con fiocchetti bianchi. Il titolo è in lettere d’oro: le lettere e le ghirlande sono in quello stile che venne di moda sotto Luigi XVI e che già fa presentire la compostezza neoclassica del primo Impero. Poi si sale più su: sono i romanzi a 7 scellini, i libri di storia, ipoemi. Alcuni hanno gli specchi di cartone erto ricoperti di una tela grossolana su cui è impresso un fregio che varia a seconda del volume (i fregi dell’editore Heinemann, furono disegnati, per esempio, dal Nicholson e dal Wistler) altri somigliano a quei volumi scolastici di settanta anni fa, tutti rivestiti di una tela turchina e col titolo stampato in un cartellino bianco, che viene incollato sul dorso. Altri ancora hanno l’aspetto venerabile di bibbie familiari, con gli specchi grossi che sembrano di legno, con la tela che li ricuopre tutta liscia, nera e senza alcun ornamento; altri imitano la grana del marocchino o le rilegature antiche di stile, altri finalmente portano impressi in oro, in argento, in colore, di quei fregi bizzarri che Aubrey Beardsley sembra abbia derivato dalla fantasia di un asiatico
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