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che seguiva i rapidi tocchi con crescente esultanza di tutta l’anima protesa e spirante, scattavano di tratto in tratto dei sì... sì... sì... che animavano e quasi guidavano la matita. Alla fine, ella non potè più trattenere la propria commozione:
— Sì, oh guarda, mamma! - esclamò: - guarda... è lui, è lui... preciso... oh, lasci... grazie... Che felicità, poter così... è perfetto... è perfetto...
— Un po’di pratica...- disse, levandosi, il Pogliani, esausto, con umiltà che lasciava trasparire il piacere di quelle vivissime lodi. - E poi, le dico, lo ricordo tanto bene, povero Sorini! La signorina Consalvi rimase a rimirare il disegno, insaziabilmente.
— Il mento, sì... è questo... perfetto... Grazie, grazie... Ma in quel punto il ritratto del Sorini con la barbetta scivolò dal cavalletto; e la signorina Consalvi non si chinò a raccoglierlo. Li buttato per terra, quel ritratto apparve più malinconico, come se comprendesse che la fidanzata più che il mento privo della barbetta stesse ad ammirare la bravura del disegnatore.
Si chinò a raccoglierlo il Pogliani.
— Grazie, - gli disse la signorina. - Ma io adesso mi servirò del suo disegno, sa? Ora mi par tanto brutto, questo...
E, levando gli occhi, le sembrò che la stanza fosse più luminosa. Come se quello scatto improvviso d’ammirazione le avesse a un tratto snebbiato la vista e alleggerito il petto dopo tanto tempo, aspirò con ebrezza, bevve con l’anima quella luce ilare viva, che entrava dall’ampia finestra aperta all’incantevole spettacolo della magnifica villa avvolta nel fascino primaverile.
Fu un attimo. Ella non potè spiegarsi che cosa veramente fosse avvenuto in lei; ma ebbe l’impressione improvvisa d’essere come nuova fra tutte quelle cose nuove intorno, e libera, senza più l’incubo che l’aveva oppressa fino a poc’anzi. Un buffo di primavera era entrato con impeto da quella finestra a sommuovere tumultuosamente in lei tutti i sentimenti, ad animare, quasi, tutti quegli oggetti nuovi, a cui ella aveva voluto negar la vita, lasciandoli intatti lì, come a vegliare con lei la morte d’un sogno. E udendo il giovane, elegantissimo scultore con dolce voce lodare la bellezza di quella vista e della casa, conversando con la madre, che lo invitava a veder le altre stanze, seguì l’uno e l’altra con uno strano turbamento, come se quel giovine, quell’estraneo, stesse davvero per penetrare in quel suo sogno morto, per rianimarlo.
Fu così forte questa nuova impressione, ch’ella non potè varcar la soglia della camera da letto, di quel nido roseo di seta; e vedendo il giovane e la madre scambiarsi lì un mesto sguardo d’intelligenza, non si potè più reggere, scoppiò in singhiozzi.
E pianse, sì, pianse ancora per la stessa cagione per cui tante altre volte aveva pianto; ma avvertì confusamente che tuttavia quel pianto era diverso, che il suono di quei suoi singhiozzi non le destava dentro l’eco del dolore antico, le immagini che prima le si presentavano. E meglio lo avvertì, allorchè la madre, accorsa, prese a confortarla come tant’altre volte l’aveva confortata, usando le stesse parole, le stesse esortazioni. Non potè tollerarle; fece un violento sforzo su sè stessa; smise di piangere; e fu grata al giovine che, per distrarla, la pregava di fargli vedere la cartella dei disegni scorta lì su una sedia a libriccino.
Lodi, lodi misurate e sincere, e appunti, osservazioni critiche, che la indussero a discutere, a spiegare; e infine un’esortazione calda a studiare, a seguir con fervore quella sua disposizione all’arte, veramente non comune. Sarebbe stato un peccato! un vero peccato! Non s’era mai provata a trattare i colori? Mai mai?Perchè? Oh, non ci sarebbe mica voluto molto, con quella preparazione, con quella passione...
Costantino Pogliani si profferse d’iniziarla; la signorina Consalvi accettò con entusiasmo; e le lezioni cominciarono