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76 | novella xlv. |
XLV.
Rara invenzione di cosa smarrita per ismemoraggine.
Io non so dove alle volte si tuffi la mente degli uomini così profondamente, che si dimentica i fatti di maggiore importanza. Si parla talvolta ad uno che pare che vi ascolti, e finalmente, come se si riscuotesse dal sonno, vi risponde con un, Eh, che dicevate voi? e vi fa disperare di aver consumato un quarto d’ora in parole e in atti di mani e di braccia. Passate davanti ad un vostro conoscente, vi traete il cappello, lo salutate con voci e sberrettate; egli vi guarda in faccia con gli occhi aperti fiso, ed è come se aveste salutato una statua. Noi crediamo di essere capaci di cose grandi, e appena siamo sufficienti ad una sola per volta e anche picciola. L’altro giorno un capo di magazzino, dopo di avere molti de’ suoi pegni venduti all’incanto, postosi sotto i libri suoi e un sacchetto con forse dentrovi millecinquecento lire, andava alla volta di casa sua. Si abbattè ad un suo caro amico, il quale ne lo pregò per via, ch’egli esaminasse se certi pegni erano stati venduti o no, per far servigio a certe persone da lui conosciute; alla qual cosa consentendo il capo volentieri, si trasse vicino ad alcune botteghe dove abitano alcuni venditori di agrumi, e veduto in terra non so quali ceste grandi ripiene di erba, pose in una di quelle il sacco dei danari e cominciò a squadernare i libri. Ragiona di una cosa e di un’altra, leggi qua, leggi colà, si chiude la faccenda, gli amici parlando insieme si partono di là e finalmente ognuno va a casa sua. L’ora era tarda; appena il capo entra, dice la moglie: A tavola, ch’è apparecchiato ogni cosa. Mette giù il mantello e pranza. Terminato il mangiare, dice il capo ad un suo giovane: Va al tale stanzino, arrecami quella borsa di danari, ch’io gli noveri. Va il giovane, cerca da