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74 | novella xliv. |
XLIV.
Spavento incusso ad un Paladino
da un uomo pacifico.
Dice alle volte alcuno: Egli non mi è accaduto mai cosa veruna da pericolare. Sta in cervello se non vuoi incontrare il malanno, e si danno buoni consigli; e tuttavia alle volte ti avvengono cose, delle quali non pare che l’uomo possa guardarsi, come poche sere fa succedette quasi ad un operajo che, andando pe’ fatti suoi, fu ad un dito per rovinarsi senza sapere la cagione. Passava costui per la Merceria, ritornando dal suo lavoro a passo a passo per andarsene a casa verso la mezzanotte. Quando fu presso alla Calle degli Stagneri, si abbattè a due compagni che ne venivano insieme, l’uno de’ quali affacciatosi a lui senza ch’egli nemmeno guardato l’avesse, alzategli le mani agli occhi, grida: Olà, che fai tu, che fai tu? dice e ripete queste parole con un tuono che parea lo volesse inghiottire. Il buon uomo che sapea di non fare cosa veruna, va per li fatti suoi e non risponde. L’altro rifà il giuoco con la stessa furia; e questi mutolo, e va. L’arrabbiato prendelo per un braccio, e dicendo le stesse parole, gli da una scossa sì gagliarda che parve una trottola sferzata dalla stringa, tanto andò intorno. L’operajo si riscalda e gli risponde bruscamente: l’altro non bada alla risposta e gli dà un’altra scossa; ma non sendogli riuscito di farlo aggirare la seconda volta come la prima, arse di sdegno, e afferrandolo ad un braccio, gli diè d’urto e lo confinò alla bottega del Cardinale, replicando sempre la stessa domanda e alzandogli le mani alla faccia con sì poca creanza, che gli scorticò una parte del naso con l’ugna, tanto che il pover’uomo sentì un acuto dolore e non arse meno di collera di quello che gli dolesse. Di che finalmente risolutosi che la pazienza e lo sfuggire le brighe fosse atto da poltrone, levata alta una mano, con la