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novella xliii. 73

moltitudine giovò, perchè la furia delle parole essendo quasi vôtata, le cominciarono tuttaddue a sentirsi un certo pizzicore nelle braccia e nelle mani, che poco mancava all’avventarsi l’una contro all’altra e pigliarsi a’ capelli. Ma la buona intenzione de’ circostanti che si contentavano delle villanie, e il sopraggiungere de’ mariti, i quali venivano dal lavoro, furono cagione che la furia infreddò, e ne andarono l’una di qua e l’altra di là alle case loro; dove pervenute, incominciò ciascheduna a narrare al compagno suo quello che avvenuto era, e ad animarlo alla vendetta. Egli è vero che i due uomini dabbene mostravano poca voglia di azzuffarsi per ciò; ma il gran numero de’ circostanti e le ciance fatte quivi pubblicamente, gli riscaldarono; onde, riposti gli strumenti della professione, incominciarono tutti inveleniti a dire che la cosa non potea finire a quel modo, e con villanie dall’un lato e dall’altro si animavano alla zuffa. Ma i circostanti vedendo che la collera era passata dalle donne agli uomini, e temendo che avvenisse peggio, furono intorno di qua e di là, chi a questo e chi a quello, tanto che gli persuasero ad andare insieme ad annegare la stizza all’oste; e così elessero entrambi di fare pel meglio. La pace fra’ sorsi parve loro sì bella cosa, che assaggiandola non si poterono spiccar di là per tutta la notte; e rinnovando le attestazioni di perfetta amicizia, e suggellandole a una a una col bicchiere, tanto fecero, che quanto aveano guadagnato col lavoro di tutta la settimana, fu speso in rappacificarsi; e in iscambio di morti, ritornarono a casa ebbri e senza un quattrino, che spiacque più forse alle due donne, che se avessero fatto duello, perchè il giorno della sagra fu magro, e le fece pentire delle passate ciance, e dolersi dell’avere stuzzicati i mariti alla vendetta.