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NOVELLA XXXV. 61

parve tempo, alla zecca, e presentandosi con sodo viso al pagatore, gli disse: Si pagano qui le polizze del lotto? Sì signore, disse l’altro. Qui ci è da pagare, disse l’amico; e così dicendo, trae fuori la carta e la mostra al pagatore. Quegli la guarda e ride, poi dice: Io ho altro che fare: vada a’ fatti suoi. Come, disse l’altro: oh, mancasi così di fede! non ho io indovinati due numeri? Il pagatore si stringe nelle spalle e lo guarda con maraviglia e dice: Io veggo che vostra signoria non sa nulla di questo fatto; s’ella avesse legati questi tre numeri, ci sarebbe l’ambo e ne avrebbe ora guadagnati cinque ducati e l’accrescimento; ma ci voleano otto soldi e mezzo di giunta. L’amico, udito ciò, rispose: Signor pagatore, scusi ch’io non so tutte le usanze di questo giuoco; sono un uomo puntuale e onesto: eccole i suoi otto soldi e mezzo, e mi paghi il mio ambo; è giusto ch’ella abbia il suo: e già comincia a noverare gli otto soldi. Gli fu riposto con quel proverbio: tardi le man, ecc.; ond’egli se ne andò svergognato fuori di là, e avrà fino a qui fatto maravigliare mille volte gli uomini di contado della sua disgrazia.


XXXV.


Accidente occorso ad una Pastorella.


Domenica passata nacque sul territorio Vicentino questo accidente. Una pastorella pasceva le sue pecorelle sopra una montagnetta non molto discosta dalla Valdeifiori, e stavasi in pace a sedere, quando all’improvviso sorse un crudelissimo nembo che scoppiò in lampi, tuoni e pioggia che si versava largamente. La giovane, preveduto il caso poco prima, non avendo tempo di salvarsi a casa sua, adocchiato nella montagnetta un sasso che usciva in fuori ed era dentro cavato a guisa di una picciola spelonca, correndo quanto potè il più, si fece casa di quella grotta, e stavasi ottimamente riparata da tutte le ingiurie della pioggia e del vento. Ma la miserella