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novella xxv. 43

chè non mi sapea se il materasso era lui o egli il materasso, stanno tuttaddue fermi ad un modo. Socchiudono la porta ridendo, e ognuno va a’ fatti suoi. Vanno a dormire; passa la notte e la metà del giorno vegnente ancora, prima ch’egli apra gli occhi. Quando piace al Cielo, si sveglia e non sa dove sia; se non che il padrone della casa che lo conoscea, l’avvisò di quanto era accaduto, ridendo; e domandatogli come avea fatto, rispose che avea tolta quella per la sua casa propria, e che avendovi trovato una porta, una scala, una camera e un letto come nella sua, era degno di scusa. — Nel Capitolo de’ beoni si legge, che andati due conci dal vino a dormire, si risvegliarono il giorno dietro verso le ventitrè ore. Disse uno all’altro: Io credo che sia tardi; va e apri una finestra. Il compagno va, apre e dice: Ancora non si vede lume; e avea ragione, perchè in cambio d’una finestra, avea aperto un armario. Tornarono a dormire tutto il restante del dì, la notte vegnente e una buona parte del terzo giorno ancora.


XXV.


Lettera e novella ad un amico che domanda come debba contenersi con un suo figliuolo d’anni sedici molto inclinato a’ passatempi.


Che il figliuolo suo voglia sollazzarsi, non è maraviglia; ciò è cosa dall’età sua, e mi consolo che gli spassi da lui richiesti con ardenza non sono nè giuoco nè altro che possa offendere la sua riputazione. Ne sono alquanto ritardati gli studi, ma siamo in tempo. Per venire a capo della sua intenzione del farlo imparare, ella non potrebbe far meglio, che dargli quanti passatempi mai può in furia o in fretta, e procurare di fargliene venire a noja. Dio la guardi che le venisse mai desiderio di opporvisi con la forza; ne farebbe un puledro che non ubbidirebbe mai più alla mano. Legga questa novelletta, e prenda la norma di essa.