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novella xvi. 27

in mezzo, come avea fatto dell’abaco, ma compera il fiorellino, e dice; Prendi; e gl’insegna una garbata ceremonia da dire alla Lucia. Io mi era già fatto amico e compagno del viaggio, e arrestatomi a tutte queste faccende; sicchè a poco a poco lodando l’acume del fanciullo, domandai al padre s’egli andava alla scuola. Allora egli, rivôltosi a me, che parea Catone o Plutarco, incominciò a parlare molto in sul grave, e fra le altre a dirmi tali parole: Il mandare i figliuoli alla scuola è un trovato di que’ padri i quali si vogliono sbrigare dell’obbligo loro. Fino a tanto che questi occhi saranno aperti, voglio essere io medesimo il maestro di mio figliuolo. Gran legame e gran peso è l’obbligo della educazione, e troppo oggidì dagli uomini maritati trascurato: e troppo è cosa malagevole l’indirizzare questi animi tenerelli al loro dovere. Le prime pieghe non si perdono più. Io mi affatico sempre d’insegnargli i doveri di un buon cristiano, di un uomo onesto e del galantuomo .... In questo il putto vede un cagnuolino da Bologna smarrito per la via, e tira il padre pel mantello che vuole il cagnuolo. Il padre mi saluta in fretta e va a caccia del canino per appagare il putto, lasciando lo squarcio di morale incominciato, e me che mezzo balordo pensava quanto è cosa facile il parlare con senno e difficile il mettere ad esecuzione quello che così bello in parole riesce.


XVI.


Ammirabile fedeltà di un cane.


Non paja strano ai lettori che fra le notizie della presente settimana entri un cane, la cui fedeltà è degna di riflessione. È questo cane della razza di Pomerania, ed era mantenuto da un povero falegname ammogliato, ma senza figliuoli. A’ dì passati il buon uomo uscì di vita, molto pianto dalla moglie, ma non meno desiderato dal suo carissimo cane, il quale si rimase intorno al corpo del suo amato pa-