robe che qui si veggono da mangiare, si mangeranno tutte? Sì, tutte, rispondeva il maestro padre: domani è Pasqua; giornata notabile a tutti gli uomini dabbene, nella quale, per ricordanza della nostra felicità, ognuno procura di fornire abbondantemente la sua mensa e di mangiare allegramente e bere con la sua famiglia. Domani voglio mangiare finchè mi crepa la pelle, rispose il putto. Il padre rise, e voltatosi a me, vedendo ch’io gli seguiva a passo a passo, fecemi l’occhiolino, quasi volesse dirmi: Che vi pare dello spirito di questo mio figliuolino? — Giunti alla Merceria, domanda il giovane: E qua che si vende? e accenna la bottega di un librajo. Figliuol mio, qui si vendono libri. Io ne voglio uno, disse il putto. Al primo giorno da lavoro rimettiamola, disse il padre, e ti comprerò l’abaco. Che cosa è abaco? disse il fanciullo. È il solo libro del mondo che vaglia qualche cosa, perchè t’insegnerà a far conti del tuo avere; di quanto riscuoti o spendi: quando avrai bene imparato quello, potrai dire che sai tutto, e ad un galantuomo non occorre altro. E quella roba, che è? dice il giovanetto; e segna col dito una bottega da frange d’oro e di argento. Quelle sono frange, dice il padre. E che se ne fa ? ripiglia il giovane. Non vedi tu? le sono di queste medesime ch’io e tu abbiamo sopra i nostri vestiti; e impara bene e tieni a mente, che, per essere stimato uomo dabbene e degno di rispetto, bastano tali fornimenti, e che senza questi non sarai ben veduto, nè accolto in verun luogo; sicchè pensaci, figliuolo mio, e tieni a mente le parole di chi ti vuol bene. — Intanto si arresta il giovinetto dinanzi ad una bottega da fiorellini e cuffie, e guarda; e l’altro dice: Vedi tu? quando tu sarai giunto all’età di avere una bella innamorata e le farai qualche presente di queste chiappolerie, ella ti vorrà bene. Io vorrei, grida il putto in fretta, un fiorellino da donarlo alla Lucia. Io non so chi diavol si fosse cotesta Lucia; ma il padre smascellando delle risa, non mette tempo