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244 | novella ix. |
mano, va al Cadì e gli dice con una veemenza che mosse a ridere il giudice: Ecco, questo è l’ordigno fatale di tutt’i travagli miei: queste maladette pantofole mi hanno finalmente condotto alla miseria. Pregovi, abbiate la bontà di fare un editto, a fine che non possano più imputarsi a me le disgrazie di che saranno certamente ancora cagione. Il Cadì non potè negarglielo, e Casem imparò a sue grandissime spese quanto sia il pericolo di non cambiar le pantofole spesso quanto basta.
IX.
I due Astrologhi1.
Trovavasi in Bagdad un astrologo molto celebre, il quale avea nome Abu-Meachir: non vi era giro o movimento di cieli che gli potesse sfuggire dagli occhi, nè poteano darsi apparenze di pianeti così straordinarie che fossero a lui nuove: conosceva le cose più occulte, e solo dando una occhiata agli astri, predicea l’avvenire: sapea di più a fondo tutta le misteriose maraviglie della cabala, e non manco era profondo maestro in geomanzía. Era questo sapientissimo filosofo congiunto in istretti legami di amicizia con Numan, favorito del Califfo Arun-Errechia. Ebbe questo cortigiano la mala fortuna di cadere in disgrazia del suo signore, il quale si era risoluto a farlo morire. Veggendo Numan la sua vita trovarsi in estremo pericolo, cercò rifugio in casa dei suo amico astrologo, e ne lo richiese di soccorso. A me sarebbe cosa facile sottrarvi alle ricerche del Califfo, gli disse Meachir, se a’ fianchi di cotesto principe non vivesse un astrologo, la cui sapienza mi fa grandemente temere. Tentiamo tuttavia di far sì, che il suo sapere non abbia effetto, e procuriamo ch’egli non possa scoprire il luogo della vostra di-
- ↑ I Maomettani hanno avuto sempre ed hanno tuttora una somma fiducia nell'astrologia giudiciaria.