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240 | novella viii. |
hanno abbandonato; tutti cotesti tali sono mura dipinte, nuvole senza pioggia, alberi che non portano frutto: ora io intendo di farti vedere la differenza che passa tra un solo amico che io ho ed i tuoi cotanti. Così ragionando giunsero all’uscio di colui che dal mercatante era stato rappresentato al figliuolo come modello di perfettissima amicizia: gli raccontò l’inventata sciagura accaduta al figliuolo. Oh mille volte fortunato giorno, esclamò colui, il quale mi apre 1’opportunità di farvi vedere quanto io vi sia affezionato! Se avete fede in me, mi fate giustizia. Se capace è la casa mia, che potrebbe tenere celati mille morti, non che uno; pure quando anche ci fosse per me pericolo, l’affronterei contento colla speranza di potervi salvare. Andatevene col figliuolo alla mia campagna: quivi vivrete tranquillo, sconosciuto e sicuro da tutte le inchieste della giustizia.
Il mercatante, ringraziato l’amico delle sue generose offerte, gli disse che quanto era andato a raccontargli non era altro che una favola inventata per far imparare al suo figliuolo a riconoscere gli amici falsi dai veri.
VIII.
Le due pantofole.
Era in Bagdad un mercatante vecchio, il quale avea nome Abou-Casem Jambourifurt, famoso per avarizia. Costui, benchè ricchissimo fosse, pure non avea indosso altro che vesti tutte rappezzate e rattacconate mille volte: il suo turbante, fatto di tela grossa, era così sudicio e sozzo, che non si sapea di qual colore più fosse; ma di tutt’i vestimenti suoi le pantofole erano le più degne di maraviglia e quelle che più meritavano di essere dai curiosi osservate: le suole erano di grossi chiodi armate: i tomai frano tutti commessi a pozzetti, di modo che non fu di tanti pezzi la nave di Argo, e da dieci anni ch’erano pantofole, i più arguti ciabattini di