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232 | novella v. |
che la disgrazia di queste due innocenti vittime, ricordandomela, mi empie sempre di orrore; nè credo già io che il potere di un Sultano sia superiore a quello di Amore e d’Imeneo.
Della stessa opinione sono ancor io, rispose il Sultano intenerito: noi non abbiamo legittimo potere sopra due cuori che si amano e congiunti sono da sagri legami. La moglie è del marito prima che sia di qualsivoglia altra persona, e sia qual si vuole la passione di un Sultano, essa dee cedere ad un vicendevole amore.
Imperadore de’ credenti, esclamò la principessa, voi avete pronunciata una sentenza degna della sapienza e della bontà vostra. Eccovi il marito e la moglie, de’ quali abbiamo parlato, e voi siete quel benefico principe che riparate quella ingiuria che altri volle far loro. Questa schiava, a cui non avete potuto dare nel genio, è moglie legittima di colui che vedete in un vestito che poco si affà col suo sesso. Amore e dolore gli fecero rompere le leggi del serraglio: gli perdonerete voi s’egli fu appassionato e fedele, e dell’aver creduto voi il più generoso di tutt’i principi dell’Oriente?
Numan e Zeineb tremanti e smarriti si gittarono a’ piedi del Califfo, il quale infiammato dalle lodi anticipate della sorella, non pensò più ad altro che a rendersene meritevole, facendo trionfare la fedeltà, il coraggio e la virtù di coloro che venivano dalle leggi orientali condannati a morte. Ne gli rimandò carichi di ricchi doni, senza imporre loro altra obbligazione, fuorchè quella dell’amarlo sempre, alla quale finchè vissero furono ubbidienti. Quel valente dottore che avea saputo trovare così bene la medicina alla loro malattia, fu stimato per tutta l’Arabia il medico delle anime, quanto quello dei corpi; anzi più delle prime che dei secondi.