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novella i. 207

torni da paesi lontani: non essendoci chi possa sospettare che io sia femmina, non avrete a temere di rivali. Il cavaliere fuori di sè per così bel trovato, le diede uno de’ vestiti suoi, del quale essendo ella vestita, gli disse: Ora voglio io farvi vedere a prova che io so fare da uomo, quale vi apparisco agli occhi, e che pochi uomini hanno la destrezza mia nel reggere un cavallo. Disse, e ad un tempo salta con leggerezza sul cavallo del cavaliere, gli fa far più caracolli qua e colà; e mentre ch’egli ne ammira il bel garbo, ella a poco a poco si allontana, dà di sprone al cavallo, lo mette alla carriera, e come lampo sparisce agli occhi del cavaliere che sembra statua. Il timore di essere inseguita la fece correre per tutto il restante del giorno e tutta la notte, senza sapere per qual via andasse.

I primi raggi del sole che toccarono l’orizzonte, le fecero scoprire una gran città, verso la quale, non sapendo che farsi, rivolse i passi. Non si può dire quanta fosse la sua maraviglia a vedere che gli abitatori di quella venivano a riscontrarla, dicendole: Morto è il re nostro stanotte, e non avendo egli lasciato erede del suo trono, e perciò temendo di una guerra civile, ordinò col suo testamento che vi si mettesse a sedere quel primo che fosse trovato all’apertura delle porte della città. Ghulnaz accolse con aria ad un tratto maestosa ed affabile gli omaggi de’ suoi nuovi sudditi che non si sognavano punto nè poco di credere lei donna. Passò per le vie fra le acclamazioni del popolo, e andò a prendere possesso del palagio ch’era l’ordinaria dimora dei re di quella nazione.

Ritrovatasi ella sul trono, cominciò ad impiegare tutta sè nel reggere lo Stato. Elesse visiri pieni di lumi e d’integrità, e principalissima cura avea che fosse fatta giustizia ad ognuno. Ammiravano i sudditi la prudenza del suo governo, e benedicevano la sorte che avesse loro fatto ritrovare un re più occupato della felicità loro, che della sua propria.

Avea la bella Ghulnaz per qualche tempo tenuto