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novella i. 205

colpo, vuoi replicare il secondo; ma l’atterrita Ghulnaz lo sfugge, gittandosi dalla finestra.

Un Ebreo che per quella strada passava, vedendo una fanciulla nel suo sangue bagnata, l’alza di là, e in sua casa la conduce. Intanto la madre del portatore di acqua, la quale dimorava nella vicina stanza, era corsa allo strido di Ghulnaz. Vede il figliuolo col furore negli occhi dipinto, e col pugnale in mano tinto di sangue: Figliuolo mio, dice, contro a chi tanto sdegno? Ghulnaz dov’è? Risponde egli: Questo ferro in questo punto mi ha vendicato di una perfida che mi facea tradimento. Oimè, qual errore è il tuo! grida atterrita ed amaramente piangendo la vecchia: oh quante lagrime ti costerà! ingiustamente hai fatto morire la più amabile e virtuosa di quante fanciulle sono al mondo. Gli raccontò allora con quanta generosità Ghulnaz l’avesse cavata di miseria.

Il portatore di acqua si lasciò allora andare in preda al più vivo dolore: scese in istrada, credendo di trovare la sua cara Ghulnaz, ma era sparita; corse qua e là per la città tutta senza averne traccia.

Intanto l’Ebreo mandò per un cerusico, il quale, poichè ebbe con diligenza visitata la ferita della figliuola del Visir, affermò che non era mortale; nè s’ingannò, perchè in breve ricoverò salute e attrattive. Non potè l’Ebreo guardarnela con indifferenza, e le dichiarò la passione da uomo innamorato che volea essere ubbidito. Inorridì Ghulnaz del sovrastante pericolo, e vedendosi con tanta ristrettezza custodita, che non potea fuggire, deliberò di gittarsi in mare che bagnava le mura della casa dell’Ebreo, stimando la perdita della vita essere un nulla, purchè avesse potuto salvare il suo onore. Per porre ad esecuzione il pensiero era di necessità che l’amante si scostasse da lei; onde finse di consentire a quanto volea, ma prima volle che andasse al bagno a lavarsi.

L’Ebreo se ne andò. Ghulnaz apre la finestra e si lancia intrepida in mare. Tre fratelli che in que’ con-