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novella lxxxiii. 179

datura, si diede ad imitarla con infinita diligenza, e, prendendo colla fantasia tutti i lineamenti che vedea, ne gli segnava colla punta del pennello sulla tela con tale espressione, che ad ogni pennellata ne usciva un pezzetto del cavaliere così al vivo, che, dal parlare in fuori, chi l’avesse veduto, avrebbe giurato che fosse egli medesimo in ossa ed in carne. Lavora oggi, ritocca domani, venne finalmente il giorno in cui era presso che compiuto il ritratto, di cui il pittore avrebbe giurato che non avea fatto il più bello nè il più somigliante in sua vita. Il cavaliere intanto vedendo l’opera quasi compiuta, ebbe in animo di voler far sì che la fosse veduta da parecchi giovani amici suoi, acciocchè gliene dicessero il loro parere; onde, conferito loro che si era fatto dipingere, ne condusse un giorno da forse cinque o sei alla casa dell’artista a vedere il ritratto. I giovani, fosse o per mostrare che non vi erano andati per nulla, o perchè in effetto sapessero di pittura quanto la pittura sapea di loro, a pena fu presentata loro la tela, volle ognuno fare il saccente e dire la sua opinione. Vi fu alcuno a cui parea che la bocca fosse un poco più grande che la naturale, e tale altro dicea che gli occhi non aveano la forza de’ vivi, che il naso era un poco più lunghetto; e che vi trovò difetto nelle ciglia, e vi fu ancora chi prese l’ombre per macchie, e non avrebbe voluto che le vi fossero; tanto che si conchiuse che il ritratto non somigliava punto all’originale, e che l’innamorata giovane non l’avrebbe mai riconosciuto per lui. Questo punto più che tutti gli altri dispiacque all’animo del cavaliere; tanto che deliberò al tutto di non volere il ritratto, di che, quantunque sentisse il pittore un gravissimo rammarico ed una stizza grandissima, pure ne lo pregò che non gli facesse tale ingiuria, e gli promise che gliene avrebbe fatto un altro che avrebbe appagato lui e tutti gli amici suoi. Di che contentandosi il cavaliere, si pose l’artista a rinnovare il suo lavoro, e come quegli ch’era punto dall’offesa che gli parea di avere ricevuta, e dal desi-