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166 | novella lxxx. |
punte de’ piedi e si presentò al letto, che quasi non ardiva di fiatare. La Geva, vedutala così ben vestita, le diede un dolcissimo saluto, di che la cameriera uscì quasi fuori di sè per l’allegrezza, e le domandò qual vestito volea quella mattina. La Geva impacciata, ricordandosi che l’indovino le avea detto stesse in contegni da signora, non sapendo chiedere, le disse che la volea quel medesimo dell’altro giorno; e la fu abbigliata a suo modo, con tanta maraviglia, che non sapea dove si fosse. Bello fu ch’entrò un’altra cameriera a dire alla prima che il cioccolatte per la signora era pronto; e la Geva studiando pure fra sè che cosa fosse cioccolatte, e confermandosi che fosse qualche abbigliamento, le disse: E bene, mettetemelo. Ma poichè la intese ch’era versato nella chicchera, e ch’era cosa da bere, la ripigliò: Io volli dire che me lo metteste là sulla tavola, che lo berò fra poco. Le due cameriere sparsero per tutta la famiglia che la loro padrona non si conoscea più, che la era divenuta un agnolo, tanto che tutti i domestici la vollero vedere; e dove prima fuggivano da lei come dal fuoco, parea che ognuno non sapesse più spiccarsi da lei, e si faceva un’allegrezza per tutta la casa come se le nozze si fossero fatte in quel giorno.
Ma la vera consolazione e maggiore di tutte le altre fu veramente quando Giovanni, intendendo da tutti i domestici suoi la gran mutazione che si era fatta nell’animo di sua moglie, andò alla stanza di lei per visitarla e vedere così gran maraviglia. Stavasi appunto la Geva in grandissima curiosità di vedere, fra le altre fortune a lei dall’indovino predette, anche il novello marito, quando le fu annunziato da uno de’ servi che veniva. Io vi so dire che alla poverina batteva il cuore come ad una tortorella, e più le battè ancora quando la vide un sì bello e garbato giovine che le comparve dinanzi. La non sapea più che dire, nè che fare. In un tratta diventò pallida, vermiglia e di più colori. Giovanni si rallegrò seco lei di avere udita da tutta la sua fa-